Roma – Negli ultimi tre anni, analizzando i volumi di vendita nella GdO, sono stati venduti, mediamente, 156 milioni di litri di extravergine per un valore di circa 609 milioni di euro. Il prezzo medio praticato dalla Grande Distribuzione per l’extravergine è pari a circa 3,80 €/litro. Se si fossero presi, come base di partenza, i costi di produzione nelle diverse ripartizioni geografiche e si fosse considerato il costo più basso (3,54 €/kg, pari a 3,24 €/litro), il valore delle vendite avrebbe raggiunto circa 507 milioni di euro. La differenza, rispetto a quelli ricavati dalla GdO, è pari al 20% sul calcolo €/litro, mentre di 552 milioni di Euro circa e una differenza di appena il 10% nel rapporto €/kg.
“Sotto i riflettori – riferisce Pietro Sandali direttore generale di Unaprol – ci finisce la GdO perché spesso ha banalizzato, con le sue politiche di distribuzione aggressive, il valore del vero extra vergine di oliva made in Italy; politiche che poi – sottolinea – non hanno creato valore nemmeno intorno alle categorie di miscele di extravergine convenzionale”. Ogni settimana, infatti, si trova un extravergine in offerta a prezzi che non riescono a coprire i costi produttivi e si crea ulteriore confusione nel consumatore che è ancora poco supportato da un adeguato livello di informazione.
E’ sorprendente quello che emerge nei primi risultati, non definitivi dei panel che Unaprol sta effettuando con Inea. Il 40% dei campioni prelevati dichiara in etichetta origine italiana con prezzi inferiori a 3,99€/l. Il restante 60% dichiara l’origine comunitaria e viene proposto al pubblico ad un prezzo leggermente superiore ai 3€/l. Il 50% degli oli che vengono proposti al pubblico come italiani presenta anomalie: profilo sensoriale difettato di rancido o addirittura presenza di note varietali di origine non italiana e in alcuni casi entrambi le anomalie. Per gli oli comunitari: un terzo presenta difetti del profilo sensoriale.
Quello che racconta Tom Mueller nel suo libro Extraverginità sintetizza tutto quello che non si deve fare nel settore dell’olio di oliva, ma che purtroppo è accaduto. Una sorta di antibiotico ad ampio spettro per salvaguardare l’italianità di un prodotto “intorno alla quale è ancora possibile – afferma Pietro Sandali – generare valore partendo dal concetto dell’origine e della qualità del prodotto”. Google l’ha capito e sta trasformando la grande rete in una grande opportunità per glocalizzare il mercato, saltare passaggi inutili che generano valore per soggetti estranei al mondo della produzione e accorciare le filiere. E’ importante investire su una maggiore segmentazione di mercato, che consenta di rispondere ai bisogni più evoluti della domanda di qualità. “Stiamo investendo in e-commerce – ha concluso Sandali – per dare ai consumatori di tutto il mondo – attraverso il sito www.filiereunaprol.it – l’opportunità di incrociare l’offerta del vero olio extra vergine di oliva I.O.O.% prodotto in Italia e garantito dal programma di tracciabilità europea targato Unaprol”.
Roma 29 Gennaio 2014