Roma – Sedici milioni di Euro direttamente nelle tasche delle aziende olivicole che hanno fatto la scelta coraggiosa dell’alta qualità italiana. Il contratto di filiera dell’olivicoltura, il primo realizzato in Italia grazie al gioco di squadra di Mipaaf, ISA e Unaprol – consorzio olivicolo italiano guarda ora a nuovi traguardi. La recente legge sull’indicazione d’origine nelle etichette contiene una disposizione sui contratti di filiera grazie alla quale questo regime di aiuti e sostegni sia estes all’intero territorio nazionale e non solo alle cosiddette aree sottoutilizzate.
Massimo Gargano presidente di Unaprol – parla di “nuova fase per l’olivicoltura italiana che dà un’accelerata agli investimenti e riaccende il motore dell’economia anche in altre zone del Paese”.
Dal rapporto Unaprol sulla propensione agli investimenti delle aziende olivicole italiane, per fare il punto sullo stato di applicazione del primo contratto di filiera del settore, emerge che il 30% delle aziende olivicole italiane ha realizzato investimenti durante il triennio 2004-2006, e il 38% di esse li ha programmati e realizzati nel triennio successivo 2007-2009. A spingere in questa direzione sono state le aziende del Mezzogiorno, dove la propensione all’investimento è cresciuta di 10 punti percentuali, dal 29 al 39 per cento.
Sul totale delle aziende disposte ad investire, il 14% protende per attività di formazione e il 52% delle aziende sceglie temi riguardanti la qualità e tracciabilità degli oli. Seguono per importanza le tecniche colturali (33%) e il marketing (18%), solo il 5% manifesta interesse per l’innovazione varietale.
Rispetto ai futuri investimenti ricorre più frequentemente l’acquisto di serbatoi per lo stoccaggio dell’olio (34%), cui seguono l’acquisto di impianti di confezionamento (17%) e gli interventi strutturali sui fabbricati (16%);
Tutto avviene mentre l’analisi di mercato per i primi due mesi del 2011 mostra qualche segnale positivo, con quotazioni al rialzo per la categoria d’eccellenza del panorama produttivo italiano.
“La tendenza che si sta manifestando – ha riferito Massimo Gargano – è quella di un gap evidente fra le quotazioni italiane e quelle spagnole in particolare. La differenza media tra tali quotazioni nel periodo 2007-2010 è di 54 centesimi. Nei primi due mesi, invece, il divario è salito e sfiora quasi l’euro (97 centesimi). Merito – ha poi aggiunto dell’etichettatura obbligatoria”.
Ma non tutto fila liscio come l’olio perché le importazioni di prodotto straniero stanno aumentando. L’industria italiana si sta approvvigionando di olio sui mercati esteri a scapito del prodotto di origine italiana nonostante quest’ultimo sia garantito da percorsi di tracciabilità e di alta qualità.
C’è il pericolo che se nel 2010 si registra un incremento dell’export del Made in Italy pari al 16,7% rispetto allo stesso periodo del 2009, nei primi due mesi del 2011 con l’aumento delle importazioni di olio straniero si rischia di distruggere il valore generato dal prodotto di origine di I.O.O% alta qualità italiana.
“Per questo ha concluso Gargano bisogna mantenere sul territorio italiano le risorse per gli investimenti – soprattutto quelli di altri settori non ancora utilizzati, prima che vengano distratti da altre emergenze estranee al mondo dell’olivicoltura”.
Roma, 30 marzo ’11